Pir, un sostegno all'economia italiana che migliora l’allocazione del risparmio

Pubblicato il 31/10/2018

I piani individuali di risparmio a lungo termine (PIR), introdotti con la legge 11 dicembre 2016 n. 232 (c.d. “legge di bilancio 2017” - cfr. Allegato n. 1), rappresentano la risposta alla du­plice sfida che ha impegnato l’industria del risparmio gestito fin dai primi anni novanta: quella di portare le famiglie italiane verso scelte di investimen­to di lungo termine, più razionali ed efficienti in contesti di estrema volatilità dei mercati finanziari e, al contempo, quella di “canalizzare” il risparmio delle famiglie verso l’economia reale, costituita in prevalenza da piccole e medie imprese, per le quali maggiore è il fabbisogno finanziario e che, ad oggi, riscontrano maggiori difficoltà a reperire risorse tramite il canale bancario.

Con i PIR si è voluto, quindi, innescare un meccanismo volto alla crescita delle imprese italiane con l’effetto che, se crescono le piccole e medie imprese, che costituiscono l’ossatura dell’industria italiana, cresce il Paese.

Per favorire tale meccanismo sono stati introdotti importanti incentivi fiscali per i risparmiatori, in analogia a quanto già presente da anni in altri Paesi europei (come Francia e Inghilterra) ed extraeuropei (quali, Stati Uniti, Canada e Giappone). In particolare, la normativa PIR, pur presentando proprie peculiarità, si avvicina molto alle misure di incentivazione introdotte in Francia nel 1992 con i “Plan d’Epargne en Actions” (cc.dd. PEA) e in Inghilterra dove, nel 1999, sono stati istituiti gli “Individual Savings Accounts (cc.dd. ISAs).

Ma in cosa si caratterizzano i PIR? Innanzitutto il PIR non costituisce un nuovo strumento finanziario, ma è semplicemente un “contenitore” all’interno del quale possono essere destinate, in ciascun anno solare, somme o valori di importo non superiore a 30.000 euro (e nel limite complessivo di 150.000 euro). Il “contenitore” può essere costituito attraverso l’apertura di un rapporto di custodia o amministrazione, anche fiduciaria, o di gestione di portafoglio o altro stabile rapporto (ad esempio, “deposito virtuale” o “rubrica fondi”) oppure mediante la stipula di un contratto di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione avvalendosi, a tal fine, di intermediari abilitati.

Le somme o i valori destinati nel PIR, per almeno i due terzi di ciascun anno di durata del piano, devono essere investiti per almeno il 70% in investimenti cc.dd. “qualificati”, intendendo per tali gli strumenti finanziari, anche non negoziati nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione, emessi da imprese residenti in Italia o in Stati membri dell’Unione europea (UE) o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) con stabile organizzazione in Italia. Al fine di far affluire il denaro verso le piccole e medie imprese è previsto che il 30% del suddetto 70% – che equivale al 21% del valore complessivo del piano – deve essere destinato in strumenti finanziari di imprese non presenti nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana o in altri indici equivalenti di altri mercati regolamentati esteri (ossia in strumenti di imprese quotate sui listini alternativi come AIM Italia, per esempio).

Inoltre, non più del 10% del valore complessivo del PIR può essere investito in strumenti finanziari emessi o stipulati con lo stesso emittente o con società appartenenti al medesimo gruppo dell’emittente, o in depositi e conti correnti. Vi sono, poi, strumenti finanziari che non possono costituire oggetto di investimento del PIR: trattasi, in particolare, degli strumenti finanziari emessi da soggetti residenti in Paesi che non consentono un adeguato scambio di informazioni (ossia in Paesi diversi da quelli inclusi nella c.d. “white list”), delle partecipazioni qualificate così come definite dalla normativa PIR, degli strumenti finanziari i cui proventi concorrono alla formazione del reddito complessivo dell’investitore.

L’investimento negli strumenti finanziari “qualificati” può essere effettuato sia direttamente sia indirettamente mediante OICR istituiti in Italia o in uno Stato estero (UE o SEE) che rispettino i vincoli di investimento previsti dalla normativa PIR (cc.dd. OICR PIR compliant). Ciò significa che è possibile aprire un PIR anche mediante la mera sottoscrizione di quote o azioni di un unico OICR PIR compliant in quanto, l’OICR assicura, di per sé, il rispetto dei vincoli di investimento stabiliti dalla normativa PIR.

Per l’investitore, l’investimento tramite solo quote o azioni di OICR PIR compliant presenta evidenti vantaggi, in termini di semplicità e di maggiore flessibilità, rispetto ad un piano nel quale vengono effettuati “direttamente” gli investimenti rilevanti ai fini della normativa PIR (cc.dd. “PIR fai da te”). In tal caso, infatti, il rispetto dei vincoli di investimento è posto in capo all’OICR PIR compliant, mentre l’investitore, nel sottoscrivere le quote o azioni dell’organismo di investimento dovrà attenersi solo al rispetto del limite di investimento annuo dei 30.000 euro (e di quello complessivo dei 150.000 euro) e al vincolo di detenzione delle quote o azioni medesime per almeno cinque anni.

La normativa PIR richiede, infatti, che gli strumenti finanziari in cui è investito il PIR siano detenuti per almeno cinque anni (c.d. “minimum holding period”). Il vincolo di detenzione ha l’evidente obiettivo di evitare che gli investimenti nel piano vengano effettuati con finalità speculative e, allo stesso tempo, garantire alle imprese destinatarie delle risorse finanziarie di poter contare sui capitali ricevuti in modo stabile e per un periodo di tempo duraturo.

L’investitore che rispetta le condizioni stabilite dalla normativa PIR beneficia di un regime di esenzione dei redditi di natura finanziaria derivanti dagli strumenti finanziari (e dalla liquidità) detenuti nel piano (in luogo dell’applicazione dell’aliquota ordinaria di tassazione del 26% o del 12,5% in caso di titoli di Stato e altre obbligazioni a questi equiparati), nonché di un regime di esenzione dall’imposta di successione degli strumenti finanziari detenuti nel piano medesimo.

Un aspetto rilevante dell’agevolazione fiscale è che i redditi derivanti dagli investimenti detenuti nel piano beneficiano immediatamente del regime di esenzione. Il meccanismo definito dalla normativa PIR consiste, infatti, nel riconoscere il regime di esenzione ai redditi man mano che vengono conseguiti e, in caso di inosservanza del vincolo di detenzione, dovranno essere recuperate le imposte non applicate (c.d. “recapture”). In caso di cessione degli strumenti finanziari prima del decorso dei cinque anni, non vi sono sanzioni per l’investitore, ma solo l’applicazione delle ordinarie imposte sui redditi realizzati in sede di cessione e su quelli medio tempore percepiti, maggiorate degli interessi. Le imposte, unitamente agli interessi, sono versate dall’intermediario presso il quale il piano è stato aperto.

Destinatari delle agevolazioni fiscali sono le persone fisiche residenti in Italia relativamente ad investimenti effettuati nel PIR al di fuori dell’esercizio di un’impresa commerciale. Un’importante eccezione è stata tuttavia introdotta per gli enti di previdenza obbligatoria e per le forme di previdenza complementare. Anche tali soggetti possono destinare le proprie risorse nei PIR (nei limiti del 5% dell’attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell’esercizio precedente - cfr. Allegato n. 2).

La normativa PIR è entrata in vigore il 1° gennaio 2017, ossia fin dall’entrata in vigore della legge di bilancio 2017, non essendo stata prevista, ai fini della sua appli­cazione, l’introduzione di specifiche disposizioni attuative.

In fase di prima applicazione della normativa sono sorti, tuttavia, una serie di dubbi interpretativi e di problematiche operative non facilmente risolvibili dalla lettura del testo normativo. La complessità della normativa PIR, tenuto conto dei vari requisiti e vincoli che devono essere rispettati al fine di beneficiare del regime di esenzione, e le novità introdotte in capo agli intermediari abilitati all’apertura di un piano (quali soggetti deputati all’intera gestione della fiscalità del piano) ha portato l’Assogestioni a richiedere all’Amministrazione finanziaria i necessari chiarimenti. In particolare, le questioni di specifica rilevanza per l’industria del risparmio gestito, emerse nell’ambito degli incontri del “Gruppo di Lavoro PIR” appositamente costituito d’associazione, sono state rappresentate al Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’economia e delle finanze e all’Agenzia delle entrate con apposita nota del 22 febbraio 2017, oltre che in sede di convegni promossi sull’argomento (cfr. allegati n. 3, 4, 5 e 6).

I principali dubbi interpretativi sollevati dall’associazione sono stati in larga parte chiariti dalle Linee guida per l’applicazione della normativa sui piani di risparmio a lungo termine pubblicate, in data 4 ottobre 2017, dal Dipartimento delle Finanze (cfr. allegato  n. 7). Le Linee guida del MEF hanno fornito importanti indicazioni di carattere generale sui vari aspetti che attengono all’ambito soggettivo e oggettivo di applicazione dell’agevolazione fiscale e, inoltre, al fine di superare alcune “rigidità” della normativa, hanno introdotto aspetti decisamente innovativi circa il funzionamento del piano soprattutto per quanto concerne la movimentazione degli strumenti finanziari (mediante la cessione o il rimborso degli stessi) e il computo del vincolo di detenzione dei cinque anni.

Il quadro interpretativo della normativa PIR è stato completato con la pubblicazione da parte dell’Agenzia delle entrate della circolare n. 3/E del 26 febbraio 2018 (cfr. allegato n. 8). I chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate nella circolare n. 3/E integrano le indicazioni fornite dalle Linee guida del MEF e si soffermano sugli aspetti operativi che caratterizzano la gestione del piano e sugli adempimenti posti a carico degli intermediari finanziari, confermando pienamente le interpretazioni dell’associazione.

A poco più di un anno dalla loro introduzione, la decisione dell’Associazione di raccogliere in un volume dal titolo “PIR: un piano per il futuro”, il risultato degli studi e degli approfondimenti svolti, quale guida essenziale per gli intermediari finanziari impegnati nella complessa gestione della fiscalità dei PIR.

 

Assogestioni raccoglie all'interno di un'area tematica del suo sito tutti gli approfondimenti più rilevanti sui PIR per favorire l'aggiornamento professionale di tutti gli operatori del settore interessati a vario titolo a questo argomento.

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