La prova di maturità del risparmiatore italiano

Pubblicato il 24/6/2020

I risparmiatori italiani “hanno mostrato molto sangue freddo” nell’affrontare “la terza grande correzione di mercato degli ultimi 20 anni” facendo della prudenza una virtù “ragionevole, che non è diffidenza ma al contrario rappresenta una prova di grande maturità”. È la lettura del direttore generale di Assogestioni Fabio Galli dei dati di raccolta di maggio del sistema del risparmio gestito, presentati su Rai 3 nel corso della puntata odierna di TGR Piazza Affari.

“Non abbiamo registrato disinvestimenti emotivi – al contrario, il sistema ha tenuto molto bene”, prosegue Galli commentando l’aumento di oltre cinque miliardi di euro messo a segno dai gestori nel mese scorso, doppio rispetto a quello di aprile. Resta una flessione rispetto all'inizio dell'anno di quattro miliardi e mezzo, ma il patrimonio gestito complessivo è salito a 2.210 miliardi anche grazie alle performance dei mercati.

“Il vero disinvestimento è avvenuto a gennaio, quando ancora non si parlava dell'emergenza sanitaria. Dunque possiamo inquadrarlo nei termini di una presa di profitto” da parte degli operatori, prosegue Galli. “Nel periodo di grande difficoltà di fine marzo-inizio aprile, in cui era più difficile mantenere un punto di vista di lungo termine, c’era il timore di una reazione dettata dalla paura. Questo non è avvenuto e, anzi, aprile e maggio registrano una forte raccolta positiva”, sottolinea Galli.

Il merito è tutto degli italiani, che proprio nei momenti di difficoltà riscoprono la loro natura di risparmiatori forti, come confermano anche gli ultimi dati sulla propensione al risparmio delle famiglie, salita dal 7,5% del 2018 al 7,7% del 2019 (fonte: edizione 2019 della relazione annuale di Banca d’Italia), e che ora “cominciano a essere anche maturi e consapevoli”.

 

L’evoluzione del risparmiatore italiano

Dei 2.210 miliardi gestiti dall’industria italiana della gestione del risparmio, 400 sono impiegati in fondi obbligazionari e 450 in fondi flessibili e azionari – una scelta che conferma la tendenza nazionale alla prudenza. “Allo stesso tempo, negli ultimi vent'anni abbiamo registrato una costante crescita della componente azionaria”, rimarca Galli. “Questo è molto importante, perché se vent'anni fa i titoli di Stato potevano offrire rendimenti reali – quindi positivi al netto dell'inflazione – oggi non è più così. I nostri portafogli devono essere più diversificati verso l'azionario e verso i mercati internazionali”.

Ciononostante, come testimonia Bankitalia, una buona fetta del risparmio degli italiani resta “parcheggiata” nei conti correnti, tanto che alla fine del 2019 poco meno di un terzo (32,9%) dei 4.455 miliardi di ricchezza finanziaria delle famiglie italiane, pari a 1.460 miliardi, era detenuto in depositi (1.295 miliardi) e circolante (165 miliardi), in rialzo di oltre sette punti percentuali rispetto al 2007.

Una liquidità che può far comodo in momenti di incertezza e difficoltà, ma che nel lungo termine rischia di ingolfare il motore facendo perdere la corsa dei rendimenti. “Gli italiani sono tra coloro che tengono più soldi sul conto corrente in Europa, e questo oggi significa vederne intaccato il valore reale, perché l'inflazione – per quanto bassa – erode comunque il valore del denaro”.

Ragion per cui “il primo obiettivo di chi vuole avere un ritorno sui propri investimenti che sia ragionevole è quello di spostare risorse al di fuori dei conti correnti, cominciando magari con un fondo obbligazionario”. Ma la strada da seguire resta quella degli investimenti, “perché nel lungo termine impiegare il proprio risparmio paga sempre”.

 

Guarda il video dell'intervento di Fabio Galli a TGR Piazza Affari (Rai 3)

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