La gestione passiva fra passato, presente e futuro dell’industria

Pubblicato il 12/11/2020

C’è un aspetto nelle abitudini di risparmio e investimento dei cittadini che la pandemia ha contribuito a migliorare: la sensibilità verso temi quali la trasparenza, i costi e la sostenibilità degli strumenti finanziari, oggi più che mai al centro dell’interesse di investitori, operatori e Authority.

Di tutto questo si è parlato nella conferenza intitolata “La gestione passiva alla sfida dell'evoluzione futura”, quarto appuntamento di «R-Evolution, Il futuro ha un grande futuro», il ciclo di cinque incontri online targato Assogestioni-FocusRisparmio.

È in questo contesto che si evolve l’attenzione del mondo istituzionale e retail verso il mondo della gestione passiva, dove sempre più attori utilizzano fondi-indice ed Etf come bussola per orientare i propri portafogli nel complesso ambiente dei mercati finanziari.

Non è un caso che nonostante i mercati siano stati ostaggio della volatilità per gran parte di questo complesso 2020, il mondo degli Etf abbia catalizzato nei primi nove mesi dell’anno nuova raccolta netta per 488 miliardi di dollari a livello globale (+40% rispetto al 2019). Questa tendenza non è nuova, ma arriva dopo un ventennio di crescita ininterrotta.

“Nel 2000 gli Etf contavano 80 miliardi di dollari in gestione a livello globale, mentre oggi superiamo i 6 trilioni”, spiega Lorenzo Alfieri, Vicepresidente di Assogestioni, che annovera fra i principali fattori di successo dello strumento i costi (bassi) e la trasparenza. “Questi due elementi sono stati fondamentali per far decollare lo strumento, ma oggi la forza degli Etf risiede nella capacità di adeguarsi all’evoluzione del mercato”.

Negli ultimi anni, infatti, ci sono state interessati innovazioni – Alfieri ne elenca alcune come l’introduzione degli Etf attivi e gli smart-beta – che di fatto “fanno delle gestioni passive uno strumento che risolve realmente i problemi degli investitori e ne determina il successo nel tempo”.

Per Deborah Fuhr, Managing Partner & Founder of ETFGI, gli Etf sono prodotti semplici, convenienti e trasparenti in grado di adeguarsi rapidamente ai cambiamenti del mercato e alle preferenze degli investitori e, per questa ragione “a tendere continueranno ad avere raccolte nette sempre più significative”. Costituiscono inoltre “un modo per esporsi a mercati che altrimenti sarebbero difficilmente accessibili e possono essere inclusi in portafogli modello”.

Le gestioni passive e le sfide future

Liquidità durante le fasi di mercato ‘orso’ e difficile rapporto con il settore della consulenza finanziaria. Sono le due maggiori sfide aperte su cui Cabrini sollecita prima Alfieri e poi gli esperti delle case di gestione durante il dibattitto della tavola rotonda.

Il Vicepresidente di Assogestioni esclude che gli Etf non siano in grado di fronteggiare le turbolenze di mercato: “Il banco di prova più importante per gli Etf c’è stata a inizio anno, fra febbraio e marzo. Durante quelle settimane c’è stata una volatilità epocale, un unicum nella storia. Alcuni osservatori temevano che questi strumenti si facessero amplificatori della crisi. Così non è stato”, afferma Alfieri. “I prodotti passivi hanno superato brillantemente la prova – spiega il Vicepresidente dell’associazione dei gestori –, mantenendo sempre fede alla promessa di pronta liquidabilità dell’investimento verso i sottoscrittori, che è una delle caratteristiche peculiari e più apprezzate dello strumento. Negli anni a venire la clientela può quindi guardare agli Etf con maggior tranquillità”.

Torna sull’argomento anche Luca Giorgi, Head of iShares and Wealth BlackRock Italy nel corso della tavola rotonda: “Non è un caso che la Fed e le altre banche centrali abbiano comprato proprie Etf per immettere liquidità nel sistema”. “Quando a marzo c'è stato una situazione di forte stress e non c'era liquidità sui mercati finanziari, gli Etf trattavano con volumi cinque volte superiori rispetto ai sottostanti – spiega il manager –. Penso questo sia un passaggio epocale nella storia dello strumento e per la percezione che ne ha il pubblico”.

Il ruolo dei consulenti finanziari

Non è da nascondere il fatto che nei primi anni di ascesa degli Etf alcuni consulenti finanziari vedevano questi prodotti come un nemico. Ciononostante, per Simone Rosti, Coutry Head per l’Italia di Vanguard, i tempi sono maturi per un cambio di paradigma. “Tutto dipende dall’architettura del sistema di distribuzione e da come viene proposto il servizio di consulenza. Noi riceviamo sempre più richieste di formazione da parte di consulenti che vogliono capire come inserire i prodotti passivi nei portafogli dei loro clienti – esamina il numero uno in Italia di Vanguard –, ora però è necessaria un’evoluzione di tutta l’industria”.

Parola d’ordine: ‘Semplicità’. L’implementazione della regolamentazione MiFID II nel 2018 è stata promossa come il grande punto di svolta per gli Etf europei. Ha rappresentato un significativo impulso per l’industria, da allora più attenta al tema costi. “I costi sono sempre stati un tema poco pensato a livello di industria perché c’è un livello di asimmetria informativa importante ma dal 2018, anno di entrata in vigore di Mifid 2, se ne parla e ci attendiamo diventi uno dei temi più importanti nel futuro”, sostiene Rosti.

Ma per il risparmiatore privato italiano quanto conta questo aspetto? E per i consulenti finanziari?

“Il mondo della consulenza è da poco molto attento a questo aspetto. Abbiamo conversazioni su base settimanale con grossi player della distribuzione e il tema costi è quello verso cui gli operatori si mostrano più sensibili. Tutti si accorgono che va offerto un servizio orientato al cliente, tramite gestioni patrimoniali, tramite prodotto di asset allocation semplice con costi sottostanti molto contenuti. Etf e fondi passivi sono la chiave del futuro in questo contesto”, torna a dire Rosti.

Quello di ‘semplicità’ è anche il concetto ribadito da Emanuele Bellingeri, Head of Asset Management Italy Credit Suisse AM. “Sul mercato c’è una forte esigenza di proporre soluzioni di investimento semplici in passivo, costruite unendo le competenze di fabbrica prodotto e distributore con l’obiettivo di gestire l’elevato livello di liquidità sui conti correnti degli italiani” dice il manager.

“Ciò verso cui tendiamo è l’istituzionalizzazione del cliente retail – chiosa Rosti, che aggiunge – vale a dire spingere verso la semplificazione dell’offerta e della gestione del portafoglio, non secondo il tradizionale orientamento alla vendita ma puntando ad una gestione efficiente e orientata al lungo termine con costi contenuti: solo con questo approccio si può trovare, o ritrovare, la fiducia di nuovi investitori”.

Coesistenza felice in portafoglio 

E attraverso la fiducia passa anche uno dei concetti chiave che Alfieri lancia attraverso lo schermo di R-Evolution: mandare in soffitta il dibattito attivo-passivo che non riflette i diversi modi con cui gli investitori utilizzano Etf e fondi indicizzati, cioè come strumenti integrati per implementare attivamente le decisioni di portafoglio. Il futuro? Per Alfieri è la strategia integrata con i fondi gestiti attivamente e che pone l’investitore al centro. “Il consulente deve capire e risolvere le esigenze dell’investitore suo cliente. Da questo punto di vista, gli Etf sono fra le più efficienti e interessanti soluzioni da affiancare a strumenti tradizionali come fondi comuni a gestione attiva”.

Etf e sostenibilità

La gestione passiva è sempre più centrale nei portafogli dei wealth manager internazionali. Dopo dieci anni di asset in crescita a livello globale, il comparto è atteso alla prova delle prossime evoluzioni. Quali saranno i driver di crescita futura?

“I flussi di raccolta di quest’anno hanno riguardato per metà il mondo obbligazionario e per l’altra parte prodotti azionari tematici ed Esg”, sottolinea Giorgi di BlackRock Italy.

“La parola Etf sottintende una gamma di strategie molto ampia. Nel mondo ci sono dei trend in atto e nuove tematiche che creano nuove opportunità che l’Etf è in grado di cogliere in modo veloce, efficiente e con costi bassi”, afferma Vincenzo Saccente, Managing Director, Head of Sales per i Lyxor Etf in Italia.

Anche i gestori passivi sono attivi in assemblea. Attenzione a non confondere il significato di gestione passiva con lo scarso impegno degli asset manager nel promuovere le best practice di buona governance nei confronti delle società sottostanti. “Le case di gestione passiva stanno diventando sempre più attive nel modo in cui gestiscono i voti nelle assemblee delle società in cui investono. Qualche tempo fa si pensava che questo approccio fosse prerogativa dei gestori attivi, oggi non è più così e anche il gestore passivo esercita per i propri portafogli il diritto di voto nelle assemblee mostrando la capacità di poter influenzare certe scelte di tipo più sostenibile da parte delle aziende”, conclude Saccente.

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