In fondo, la diversificazione salva il risparmio

Pubblicato il 23/9/2008

In questo momento di grande incertezza e turbolenza sui mercati finanziari, mi sembra importante riaffermare le caratteristiche che rendono fondi comuni e SICAV[1] strutturalmente robusti e superiori ad altri strumenti nel tutelare gli interessi dei risparmiatori.

Quadro regolamentare
I fondi collocati ai risparmiatori o contenuti in prodotti quali le gestioni patrimoniali, siano essi di diritto italiano o estero (ma con l’eccezione dei fondi hedge), sono soggetti a un insieme di chiare e stringenti norme regolamentari, comuni a livello europeo. La normativa comunitaria di riferimento è nota come Direttiva UCITS ed è stata recepita in tutti i paesi EU, compreso il nostro, assumendo quindi valore di legge.

Diversificazione
La normativa UCITS impone limiti stringenti agli operatori. Spesso, il gestore diversifica ulteriormente il portafoglio: nel tipico fondo obbligazionario e monetario ogni emittente, con la possibile esclusione degli Stati sovrani OCSE, rappresenta meno dell’1%. Una diversificazione così non sarebbe nè pratica nè economica per un investitore, anche di medio-grandi dimensioni.

La separazione del patrimonio: la banca depositaria
I titoli del fondo sono depositati presso un banca terza rispetto alla SGR e restano di proprietà collettiva dei sottoscrittori. Non fanno cioè parte dello stato patrimoniale dell’intermediario che colloca il fondo, della SGR che lo gestisce o del gruppo finanziario cui quest’ultima appartenga. Anche nel caso in cui la SGR appartenga a un gruppo in stato di insolvenza, o addirittura sia insolvente essa stessa, i creditori di quelle entità non possono in alcun modo avanzare pretese sugli attivi del fondo. Nella più catastrofica delle ipotesi gli attivi vengono liquidati e il loro valore corrisposto prontamente ai sottoscrittori da parte della banca depositaria. Ben diverso è il caso di un certificato, per esempio: in caso di insolvenza, l’investitore si troverebbe a essere uno dei tanti creditori non privilegiati dell’emittente.

Liquidità e trasparenza
La grande maggioranza dei fondi pubblica tutti i giorni lavorativi il Net Asset Value (NAV), che riflette accuratamente il valore degli investimenti. Anche in questo caso il valore è determinato da un soggetto terzo, spesso coincidente con la banca depositaria. Gli investitori possono sottoscrivere o rimborsare quote al NAV [2], cioè ad un prezzo ufficiale e univoco. Si pensi come paragone a tante obbligazioni strutturate e non quotate, che vengono valorizzate a discrezione del collocatore, o agli stessi ETF che dipendono dalla presenza di market maker i quali, soprattutto in situazioni di turbolenza, potrebbero rifiutarsi di quotare o farlo con forbici denaro/lettera molto ampie.

Il risparmiatore sa cosa compra
La presenza del benchmark e della categoria Assogestioni rendono chiara la natura generale dell’investimento. I prospetti informativi sono esaustivi e hanno l'obiettivo di essere comprensibili ai risparmiatori. Chi avesse investito in un fondo Azioni USA, per ipotesi, sarebbe certamente soggetto a grandi oscillazioni del prezzo, magari negative; tuttavia, sarebbe in grado in qualunque momento di capire intuitivamente dove sono investiti i suoi soldi - per l’appunto in azioni di quel Paese - e perchè il prezzo salga e scenda: l’S&P500, piuttosto che il Dow Jones (di cui si parla in tutti i telegiornali) sarebbero saliti o scesi. Il tutto senza dover analizzare complesse formule matematiche, o peggio ancora scoprire nel momento peggiore che la natura del suo investimento è diversa da quella che si poteva ragionevolmente presupporre.

Massimo Greco
Amministratore Delegato di JPMorgan AM e consigliere di Assogestioni

 


[1] di seguito si fa riferimento al termine fondi per brevità in quanto le differenze fra i due strumenti non sono significative ai fini della trattazione.

[2] I casi in cui questo non è stato possibile sono estremamente rari.

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