Benchmark - Intervista a Francis Candylaftis, amministratore delegato di Eurizon Capital Sgr
Dottor Candylaftis, cerchiamo di fare un po' di chiarezza sul concetto di benchmark. Che cos'è, anzitutto?
Potremmo dire che il benchmark è un indicatore, anche se non esaustivo, dell'universo investibile. In altre parole, serve per dare al cliente un'idea a priori dei mercati finanziari oggetto dell'investimento e quindi del rischio connesso al portafoglio. Se utilizzato in questo contesto, il benchmark è senz'altro uno strumento valido.
Il benchmark può anche essere – ma questo richiede un approccio più consapevole – uno strumento di valutazione relativa: può servire cioè per confrontare tra loro i gestori dei fondi che hanno lo stesso benchmark. Quello che mi preme sottolineare qui, però, è che a volte si fa un uso improprio di questo strumento.
Che cosa intende con uso improprio?
Anzitutto la semplificazione, che si fa solitamente, di identificare il benchmark con l'investimento diretto. Da questo deriva che se la differenza tra la performance del fondo e quella del benchmark è negativa, allora necessariamente la gestione del fondo è mediocre... non è così! Questo ragionamento, in linea di massima, non ha senso. Il valore del benchmark - e parliamo del benchmark total return, come indicato dalla normativa - infatti non tiene conto di tutta una serie di costi che sono invece inclusi nel valore del fondo: i costi di gestione, di transazione, di distribuzione, di liquidità (cioè il bid/offer spread che si deve pagare per far fronte ai flussi o ai deflussi, costi che aumentano all'aumentare del peso dei flussi rispetto al patrimonio del fondo).
Il benchmark, inoltre, non ha costi amministrativi né operativi (il calcolo del Nav, ad esempio, o i cosiddetti corporate events: split, mergers & acquisition, distribuzione dei dividendi...). Senza contare, poi, che comprare il benchmark è impossibile (contrariamente a quanto si crede, infatti, neanche gli Etf lo fanno... ma questo è un discorso su cui ritornare in altra circostanza).
Che cosa si può dire per concludere?
Vorrei ricordare che il fondo è l'unico strumento finanziario il cui valore, cioè la quota pubblicata sui giornali, è al netto di tutti gli oneri. Nessun altro strumento possiede questa semplicità: persino i conti di deposito indicano l'interesse al lordo della ritenuta!
Pertanto, e per tutto quanto abbiamo detto, emerge che confrontare la performance del fondo, che è al netto di tutti gli oneri, con quella del benchmark, uno strumento solo teorico la cui valorizzazione non tiene conto dei vari costi, è un'operazione da fare con le dovute cautele, soprattutto quando da questo confronto si pretende di stabilire la qualità di un gestore. Questo è il punto essenziale su cui a mio avviso occorrerebbe prestare una maggiore attenzione da parte di tutti.
Il benchmark è nato come indicatore a priori dei mercati e del rischio di un fondo, e questo rimane il suo scopo primario. Non diamogli anche significati che non ha e che difficilmente può avere.