Antiriciclaggio: valutazione dei rischi e novità regolamentari

Pubblicato il 11/5/2020

Quando si parla di disciplina antiriciclaggio spesso si chiama in causa l’approccio basato sul rischio. Questo è infatti il principio cardine sul quale, prendendo spunto dalla Raccomandazione n. 1 del Gruppo di azione finanziaria internazionale, si è sviluppata nel corso degli anni la disciplina per la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.

Il principio in sé è abbastanza semplice e può essere sintetizzato nel seguente modo: l’estensione degli obblighi di adeguata verifica possono essere modulati secondo il grado di rischio di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo rilevato.

È importante quindi domandarsi quali e quanti sono i rischi a cui può essere esposto il settore del risparmio gestito e capire che tipo di risultato abbiano dato fino a ora i presidi posti in essere dalle Sgr.

Valutare tutte le possibili minacce che potrebbero colpire un intero settore finanziario non è certo un esercizio semplice. Le Autorità di vigilanza europee (ESAs) hanno però pubblicato nel mese di ottobre 2019 un interessante documento sui rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo che affliggono il settore finanziario a livello europeo.

Sulla base delle informazioni fornite da circa 30 Autorità nazionali tra il 2016 e 2017, il documento classifica i fondi di investimento come prodotti caratterizzati da una scarsa attrattività per finalità di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo. 

A livello nazionale, il Comitato di sicurezza finanziaria ha pubblicato nel 2019 un aggiornamento dell’analisi nazionale dei rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, nel quale le SGR risultano come intermediari caratterizzati da un livello di vulnerabilità relativa poco significativa, in virtù degli adeguati presidi posti in essere e a fronte di un rischio operativo considerato di livello medio.

Il quadro complessivo sembra essere, quindi, abbastanza rassicurante per il settore del risparmio gestito. Questo, però, non può certo essere tradotto in una riduzione di attività e di attenzione rispetto alle operazioni effettuate dai clienti e ai possibili rischi.

Da questo punto di vista sia le ESAs sia il Comitato di sicurezza nazionale hanno sottolineato l’importanza di continuare ad adempiere agli obblighi previsti dalla normativa vigente.

D’altra parte, la necessità di affrontare con rigore la tematica dell’antiriciclaggio è stata chiaramente ribadita anche dal Governatore della Banca d’Italia il quale, nel corso dell’ultima relazione annuale tenutasi il 31 maggio 2019 ha affermato che “l’attenzione volta a impedire la permeabilità degli intermediari vigilati a fenomeni criminali deve costituire un obiettivo strategico dei vertici aziendali”.

L’antiriciclaggio non è quindi materia per pochi (s)fortunati. È importante che l’intera struttura aziendale, a partire dagli organi di vertice, sia ben informata e coinvolta nelle strategie adottate per il contrasto al fenomeno del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo.

È proprio in questa direzione che si muove il Provvedimento della Banca d’Italia sull’organizzazione e i controlli interni pubblicato a marzo del 2019. Per comprendere quale sia il grado di coinvolgimento della struttura aziendale richiesto dalla Banca d’Italia si può fare sicuramente riferimento all’autovalutazione dei rischi.

Si tratta di un esercizio che tutti i soggetti obbligati sono tenuti a compiere annualmente per valutare la propria esposizione al rischio di riciclaggio. Tale attività deve essere condotta dalla funzione antiriciclaggio in raccordo con tutte le altre funzioni interessate.

I risultati di tale esercizio devono essere esaminati dall’organo con funzione di supervisione strategica e inviati alla Banca d’Italia insieme alla relazione della funzione antiriciclaggio.

Si tratta, quindi, di una attività che consente agli intermediari, nel loro complesso, di comprendere quali sono i rischi ai quali sono esposti in relazione ad alcuni fattori come, ad esempio, ai prodotti offerti, ai canali di distribuzione e alla clientela.

Nonostante l’assenza di indicatori specifici per gli intermediari finanziari che la Banca d’Italia avrebbe dovuto emanare, le SGR dovranno comunque inviare i risultati del primo esercizio di autovalutazione entro il 30 giugno 2020.

Ma le novità che riguardano l’organizzazione e i controlli interni non sono certo gli unici elementi introdotti dalla Banca d’Italia nel corso degli ultimi mesi.

A luglio del 2019 hanno, infatti, visto la luce le nuove disposizioni in materia di adeguata verifica della clientela, con le quali l’Autorità di vigilanza ha dato vita ad una piccola rivoluzione che ha interessato in modo diretto anche le SGR, soprattutto per quanto riguarda la qualificazione, ai fini antiriciclaggio, delle sottoscrizioni di OICR.

L’ultimo tassello del complesso mosaico della disciplina antiriciclaggio è stato posato solo qualche settimana fa dalla Banca d’Italia con la pubblicazione delle Disposizioni per la conservazione dei documenti, dei dati e delle informazioni a fini antiriciclaggio.

Assogestioni ha seguito con costante attenzione l’intera fase di cambiamento che ha caratterizzato la disciplina antiriciclaggio negli ultimi anni.

Molte sono state, infatti, le proposte inviate alla Banca d’Italia durante le fasi di consultazione dei Provvedimenti precedentemente citati, grazie anche al contributo della Task Force Antiriciclaggio. L’impegno dell’Associazione su tali temi è ancora forte, anche in questi giorni, al fine di avere un costante dialogo con l’Autorità di vigilanza per ottenere ulteriori chiarimenti e conferme sull’interpretazione delle nuove disposizioni.

Quella antiriciclaggio è, quindi, una disciplina in continua evoluzione che richiede agli intermediari una costante opera di aggiornamento e approfondimento. È inoltre facile pensare che le diposizioni oggi in vigore possano subire, nel prossimo futuro, ulteriori modifiche.

D’altra parte, se è vero che il denaro non dorme, allora è quasi scontato che le attività criminali soffrano di insonnia.

È quindi importante che vi sia un costante sforzo da parte del legislatore europeo e nazionale per aggiornare le disposizioni normative ed adattarle ai nuovi rischi emergenti e per contrastare nuove forme di utilizzo dei proventi derivanti da attività criminose.

Non è un caso, infatti, che la Commissione europea ha pubblicato in questi giorni un action plan nel quale sono indicati i sei pilastri per rafforzare il framework normativo e le attività di vigilanza in materia antiriciclaggio da attuare entro il 2021, lanciando così un chiaro messaggio di tolleranza zero all’utilizzo del “denaro sporco” all’interno dell’Unione europea.

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