Alla fine arrivano i PEPP, ora tocca agli Stati

Pubblicato il 18/3/2022

I Pan-European Personal Pension Product entrano in una nuova fase della loro lunga storia, con il Regolamento UE 2019/1238 che dal 22 marzo 2022 è applicabile dagli Stati membri. “Quello dei PEPP è, come noto, un progetto ambizioso, fortemente voluto e sostenuto dalla Commissione europea e dall’EIOPA, che ha come obiettivo principale quello di creare un mercato di successo della previdenza privata individuale su scala europea”, spiega Arianna Immacolato, direttore Fisco e Previdenza di Assogestioni. In preparazione all’arrivo dei PEPP, il Dipartimento del Tesoro del Ministero dell’Economia e delle Finanze ha predisposto uno schema di decreto che contiene le disposizioni essenziali a consentire la piena applicazione del Regolamento, svolgendo sul documento una pubblica consultazione a cui Assogestioni ha preso parte.

Fisco e Tfr. I nodi principali da sciogliere

La versione finale del Regolamento PEPP, come precisato nel considerando 21, armonizza alcuni elementi chiave come, ad esempio, la distribuzione, il contenuto minimo dei contratti, le opzioni di investimento, il trasferimento e la portabilità. Lo schema di decreto, recentemente posto in consultazione, si inserisce in questo contesto, andando a disciplinare gli aspetti lasciati alla responsabilità degli Stati membri. I principali nodi che restano da sciogliere, evidenziati, tra gli altri, nella risposta alla consultazione dell’Associazione riguardano la fiscalità e l’impossibilità del conferimento del Tfr nei nuovi PEPP.

Partendo dal primo punto, lo schema di decreto sembra prevedere una differenziazione di trattamento fiscale tra i PEPP istituiti in Italia e quelli istituiti all’estero che offrano sottoconti italiani. Solo i primi, infatti, sconterebbero l’imposta sostitutiva del 20% sui rendimenti maturati nella fase di accumulazione. Se confermata, tale scelta determinerebbe una discriminazione di carico impositivo tra i risparmiatori PEPP, a seconda della circostanza che abbiano aperto un sottoconto italiano presso un PEPP istituito in Italia, ovvero, siano titolari di un sottoconto italiano di un PEPP estero distribuito nel territorio dello Stato. Al fine di evitare tale disparità di trattamento, l’Associazione ha chiesto che sia previsto il medesimo trattamento fiscale per tutti i sottoconti italiani, a prescindere dal Paese di istituzione del PEPP.

Sul secondo punto, lo schema di decreto prevede che i sottoconti italiani dei PEPP possano essere finanziati con le medesime modalità previste per le forme pensionistiche complementari, fatta eccezione per le quote di Trattamento di fine rapporto (Tfr). Un’esclusione che sembra essere in contrasto con l’impianto generale del sistema di previdenza complementare italiano, determinando una discriminazione tra i prodotti pensionistici individuali qualificati come PEPP e le altre forme pensionistiche ad adesione individuale già presenti nel nostro Paese.

Segnali positivi e rilancio della previdenza complementare

In merito allo schema di decreto predisposto dal Mef, Assogestioni definisce, infine, come positiva la scelta di stabilire che le prestazioni pensionistiche PEPP possano essere erogate anche in forma di capitale in un’unica soluzione. Un’impostazione che riflette il principio di massima flessibilità e rappresenta un elemento di grande innovazione che “dovrebbe essere introdotto anche per le forme pensionistiche complementari disciplinate dal d.lgs. n. 252/2005, superando le attuali restrizioni”, afferma Immacolato.

“Quello relativo ai PEPP”, conclude, “è un framework normativo tutt’altro che semplice, rispetto al quale vi sono degli ancora interrogativi aperti che necessitano di trovare risposte. Ci auguriamo che il dibattito che si è aperto intorno ai PEPP possa essere da stimolo per aprire una nuova stagione della previdenza complementare italiana che indubbiamente necessita di alcuni interventi di riforma, a partire dal trattamento fiscale”.

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