17 milioni di lavoratori italiani ancora senza pensione integrativa: manca una corretta informazione

Pubblicato il 22/12/2009

Sembra essersi esaurito con la chiusura del primo semestre 2007 l’effetto della riforma del TFR: il numero di nuove adesioni alla previdenza complementare ha fatto registrare complessivamente, dopo il “picco” della prima parte del 2007, un decremento sostanziale nel corso del 2008 e una lenta crescita nel 2009. Anche se i contributi sono continuati a salire, la strada da fare rimane molta.

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Globalmente, a fronte di circa 22 milioni di lavoratori italiani potenziali aderenti, solo 5 milioni hanno aderito ad una forma di previdenza complementare: un “gap” enorme rispetto all’importanza acquisita dalla previdenza complementare negli altri stati europei.ed in tutti i Paesi più evoluti.

Molte sono le ragioni che spiegano questa scarsa adesione, da quelle culturali a quelle normative; senz’altro un peso fondamentale è assunto dalla inadeguata informazione che è stata data ai lavoratori italiani, anche nel cosiddetto “semestre della previdenza”.

Diverse indagini di mercato condotte presso differenti categorie di lavoratori hanno dimostrato la scarsa conoscenza esistente su molteplici aspetti della previdenza, a partire da quelli più basilari, che di seguito si propongono.

  •  L’inadeguatezza della futura pensione pubblica.

La maggior parte dei lavoratori non ha preso coscienza che, per effetto della Riforma Dini, la loro pensione futura sarà al massimo il 50-55% dell’ultimo stipendio ricevuto, contro l’attuale 80%; di conseguenza, si ritroveranno ad avere una minor capacità di spesa “da pensionati” e, quindi, non potranno mantenere il tenore di vita che avevano durante l’attività lavorativa.

  • L’esistenza di rilevanti vantaggi fiscali.

E’ ancora poco noto il meccanismo del beneficio fiscale che si ottiene aderendo ad un fondo pensione, sia in fase di contribuzione che, soprattutto, al momento dell’erogazione della prestazione: così, ad esempio, la scelta di destinazione del TFR ad un fondo pensione comporta un notevole risparmio in termini di tassazione finale.

  • La pensione integrativa del dipendente come somma di tre fattori

Un terzo elemento quasi sconosciuto è la possibilità di ottenere un contributo dal datore di lavoro, a seguito di un accordo aziendale. In realtà, il lavoratore dipendente può far confluire nel fondo pensione non solo il TFR maturando, ma anche il proprio contributo e quello del datore di lavoro stabilito dal contratto collettivo. In pratica, a fronte di un piccolo sacrificio, si può alimentare in modo significativo la propria posizione nel fondo pensione.

  • Le diverse opportunità di “rischio-rendimento” del fondo pensione

Troppo spesso si assiste alla convinzione, ancora molto radicata, che un fondo pensione comporti una rischiosità superiore rispetto al mantenimento del TFR in azienda.

In realtà, quasi tutti i fondi pensione offrono una molteplicità di comparti in cui investire i propri contributi, che tengono conto dei diversi profili di rischio dei lavoratori: dal più “tranquillo”, per coloro che si accontentano di un minor rendimento pur di non rischiare la propria posizione previdenziale, a quelli a maggior contenuto azionario, destinati a coloro che desiderano sfruttare al massimo le opportunità di guadagno offerte dalle Borse internazionali. Inoltre, ogni fondo pensione prevede normalmente almeno un comparto che garantisce la restituzione del capitale versato.

  • La presenza di nuovi strumenti di riduzione del rischio

Molto importante, nell’ottica di diversificare e, quindi, di ridurre il rischio dell’investimento, è l’opportunità offerta dai fondi pensione, grazie alla multicontribuzione, di “spalmare” i propri contributi su diverse linee del fondo. In particolare, per le adesioni collettive è possibile scegliere una linea di investimento per ogni singola voce di finanziamento (contributo azienda, contributo lavoratore e TFR).

In estrema sintesi, molti passi avanti sono stati compiuti grazie alla riforma previdenziale, ma molti se ne devono ancora compiere: finchè non sarà data ai lavoratori la corretta informazione sulla precarietà del loro futuro pensionistico pubblico e sui vantaggi offerti dalle forme previdenziali integrative, non si potrà parlare di un vero “decollo” della previdenza complementare in Italia.

 

a cura di Arca SGR

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