Normativa PIR, risolti i dubbi interpretativi
L’art. 57, comma 2, del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, recante “Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo”, ha apportato una serie di modifiche ed integrazioni alle norme di cui all’art. 1, commi da 88 a 114, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (c.d. “legge di bilancio 2017”), ossia alle disposizioni che, a decorrere dal 1° gennaio 2017, hanno introdotto nel nostro ordinamento importanti incentivi fiscali per gli investitori persone fisiche che detengono strumenti finanziari nei piani individuali di risparmio a lungo termine (PIR) e per gli investitori istituzionali, quali le forme di previdenza complementare di cui al d.lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, e gli enti di previdenza obbligatoria di cui al d.lgs. 30 giugno 1994, n. 509, e al d.lgs. 10 febbraio 1996, n. 103, in relazione a determinati investimenti.
Si tratta principalmente di modifiche ed integrazioni di natura formale volte a risolvere alcuni dubbi interpretativi che il testo normativo, nella sua originaria formulazione, poneva. Altre modifiche sono state invece apportate con l’intento di semplificare la concreta applicazione di alcune previsioni normative.
In merito alle modifiche apportate alla normativa PIR, preme innanzitutto rilevare la correzione del refuso contenuto nel comma 101. Ed infatti, il rinvio al “comma 90” contenuto nel citato comma 101 ai fini della individuazione degli investimenti qualificati da effettuare nel piano era errato, ed era da intendersi al “comma 102”. Peraltro, questo si evinceva, oltre che dalla relazione illustrativa e dalla relazione tecnica alla normativa in esame, anche dal successivo comma 104 che, con riferimento agli investimenti effettuati per il tramite di OICR italiani od esteri (UE o SEE), correttamente fa rinvio al comma 102.
Viene quindi finalmente eleminato ogni dubbio: al fine di beneficiare del regime di non imponibilità dei redditi derivanti dagli investimenti detenuti nel piano, le somme o i valori conferiti nel piano devono essere destinati ad investimenti qualificati di cui al comma 102, anche nel caso di investimento diretto, nel rispetto ovviamente dei vincoli di composizione e concentrazione del patrimonio del PIR e al vincolo di detenzione di cinque anni degli strumenti finanziari in cui è investito il piano.
Pertanto, in ciascun anno solare di durata del piano, per almeno i due terzi dell’anno stesso, le somme o i valori destinati nel PIR dovranno essere investiti, per almeno il 70%, in strumenti finanziari emessi o stipulati con imprese italiane od estere (UE o SEE) con stabile organizzazione in Italia che svolgono attività diverse da quella immobiliare; di questo 70%, il 30% (che equivale al 21% del valore complessivo degli investimenti del piano) deve essere investito in strumenti finanziari di imprese italiane od estere (UE o SEE) con stabile organizzazione in Italia diverse da quelle inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati.
Resta fermo che i suddetti investimenti possono essere effettuati anche indirettamente per il tramite di OICR. In particolare, ai fini della normativa in esame, assume rilevanza anche l’investimento indiretto effettuato per il tramite di OICR italiani od esteri (UE o SEE), qualora l’organismo di investimento investa il proprio attivo nel rispetto dei vincoli e dei limiti disposti dalla normativa (cc.dd. OICR PIR compliant).
Oltre alla correzione del refuso, è stato riformulato il comma 113 per meglio chiarire che l’intermediario o l’impresa di assicurazione presso cui è stato aperto il PIR deve tenere separata evidenza delle somme destinate nel piano in anni differenti nonché degli investimenti qualificati effettuati. La separazione contabile è necessaria, da un lato, per tenere memoria delle movimentazioni degli strumenti finanziari contenuti nel piano (acquisti o sottoscrizioni, conferimenti, cessioni, rimborsi a scadenza), dei redditi derivanti dagli stessi e delle eventuali minusvalenze conseguite, dall’altro, per verificare l’osservanza dell’obbligo di detenzione degli strumenti finanziari per almeno cinque anni.
Al riguardo preme evidenziare che la normativa PIR non prevede l’obbligo di aprire un rapporto ad hoc in cui destinare le somme o i valori. L’intermediario finanziario o l’impresa di assicurazione deve quindi garantire anche la separazione contabile delle somme o valori destinati nel PIR e dei loro impieghi, rispetto agli altri strumenti finanziari eventualmente detenuti presso lo stesso intermediario.
Un’ulteriore modifica ha riguardato il comma 106 dell’art. 1 della legge di bilancio 2017. E’ stato previsto, per le persone fisiche titolari di un PIR, un termine più ampio di 90 giorni (anziché di 30 giorni) per reinvestire le somme conseguite a seguito del rimborso a scadenza degli strumenti finanziari detenuti nel piano. Ciò, in linea, tra l’altro, con quanto previsto per le forme di previdenza complementari e gli enti di previdenza obbligatoria.
In merito a tali ultimi soggetti, la normativa introdotta dalla legge di bilancio 2017 riconosce loro una agevolazione fiscale in relazione agli investimenti effettuati, nei limiti del 5% dell’attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell’esercizio precedente, in azioni o quote di imprese italiane od estere (UE o SEE) con stabile organizzazione in Italia ovvero in quote o azioni di OICR italiani od esteri (UE o SEE), che investono prevalentemente nelle azioni o quote delle predette imprese. L’agevolazione fiscale consiste nell’esenzione da tassazione dei redditi di natura finanziaria derivanti dai predetti investimenti, ad esclusione dei redditi derivanti dal possesso di partecipazioni qualificate di cui all’art. 67, comma 1, lett. c), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), e a condizione che gli investimenti siano detenuti per almeno cinque anni.
Con l’introduzione di tale agevolazione, è stata conseguentemente disposta, a decorrere dal 1° gennaio 2017, l’abrogazione della normativa sul credito di imposta spettante alle forme di previdenza complementare e agli enti di previdenza obbligatoria in relazione ai redditi investiti in attività finanziarie a medio o lungo termine ai sensi dell’art. 1, commi da 91 a 94, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (c.d. “legge di stabilità 2015”).
Le modifiche e integrazioni apportate dall’art. 57, comma 2, del d.l. n. 50/17 alla nuova agevolazione fiscale hanno riguardato vari aspetti.
Seguendo l’ordine delle norme, è stato innanzitutto modificato il comma 91 al fine di agevolare gli enti di previdenza obbligatoria nel recupero a tassazione, mediante applicazione di un’imposta sostitutiva, dei redditi medio tempore percepiti e riferibili a strumenti finanziari ceduti prima che sia decorso il periodo di detenzione dei cinque anni, e, in particolare, per quei redditi per i quali il regime ordinario di tassazione prevede il concorso alla formazione del reddito complessivo dell’ente di previdenza (nel caso di specie, i dividendi). La nuova formulazione del comma 91 prevede, in via generale, che in caso di cessione degli strumenti finanziari rilevanti ai fini dell’agevolazione prima dei cinque anni, i redditi realizzati attraverso la cessione e quelli medio tempore percepiti sono soggetti ad imposta sostitutiva in misura corrispondente a quella prevista dalle norme ordinarie (unitamente agli interessi, ma senza applicazione di sanzioni).
Con riguardo, invece, alle forme di previdenza complementare, nel comma 94 è stato eliminato il riferimento alle “partecipazioni qualificate di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”. Come evidenziato nella stessa relazione illustrativa, tale modifica trova giustificazione nella circostanza che, ai sensi della normativa di settore, le forme di previdenza complementare, di fatto, non possono detenere partecipazioni qualificate, così come definite dal citato art. 67, comma 1, lett. c), del TUIR. La modifica in esame consente, pertanto, alle forme pensionistiche di evitare un aggravio dei costi amministrativi che sarebbero scaturiti dall’applicazione di tale previsione normativa.
Infine, dopo il comma 95 dell’art. 1 della legge di bilancio 2017, sono stati aggiunti i nuovi commi 95-bis, 95-ter e 95-quater.
In particolare, il comma 95-bis stabilisce che, ai fini dell’applicazione delle disposizioni in commento, “il soggetto percettore deve produrre una dichiarazione dalla quale risulti la sussistenza delle condizioni previste ai commi 88 e 92, nonché l’impegno a detenere gli strumenti finanziari oggetto dell’investimento qualificato per almeno 5 anni. Il percettore deve altresì dichiarare che i redditi generati dagli investimenti qualificati non sono relativi a partecipazioni qualificate”. In buona sostanza, come precisato nella relazione illustrativa, al fine di beneficiare dell’agevolazione fiscale, le forme pensionistiche complementari e gli enti di previdenza obbligatoria devono comunicare, mediante apposita dichiarazione, ai soggetti che intervengono nel pagamento dei proventi “esenti” che gli stessi derivano da investimenti qualificati nel rispetto delle condizioni previste dalla normativa in commento. Detta comunicazione è quindi necessaria per consentire ai soggetti che intervengono nel pagamento dei redditi “esenti” di corrisponderli ai beneficiari senza l’applicazione di ritenute e imposte sostitutive.
Analogamente a quanto previsto per i PIR, il successivo comma 95-ter puntualizza che i soggetti beneficiari del regime di esenzione devono tenere “separata evidenza” delle somme destinate agli investimenti qualificati, al fine di poter individuare quali sono gli strumenti finanziari oggetto di investimento che hanno diritto all’agevolazione fiscale.
Il comma 95-quater, sempre in linea con l’impostazione adottata per i PIR, chiarisce il regime fiscale applicabile alle minusvalenze e alle perdite relative agli strumenti finanziari oggetto di investimento qualificato, riconoscendo loro piena rilevanza fiscale. Le minusvalenze e le perdite, infatti, possono essere portate in deduzione dalle plusvalenze o altri proventi realizzati nelle successive operazioni poste in essere nello stesso periodo di imposta o nei successivi, ma non oltre il quarto. Le minusvalenze e le perdite maturate o realizzate dalle forme di previdenza complementare concorrono invece alla formazione del risultato di gestione da assoggettare ad imposta sostitutiva ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. 252/05.
Il decreto legge n. 50/17 è attualmente in corso di conversione in legge. Non si escludono possibili modifiche al testo normativo, specie con riguardo all’agevolazione fiscale prevista per le forme di previdenza complementare e gli enti di previdenza obbligatoria, per i quali si auspica un ampliamento dell’ambito oggettivo degli investimenti qualificati (che, ad oggi, è limitato all’investimento azionario).