Voto maggiorato e voto plurimo: un vulnus al principio di one-share one-vote
Lo scorso giugno sono stati introdotti nel nostro ordinamento due nuovi istituti che modificano sensibilmente i diritti degli azionisti delle società quotate: il governo ha sancito la possibilità per le società di introdurre nei propri statuti le azioni a voto plurimo e a voto maggiorato; il parlamento ha emendato il testo governativo aggiungendo la norma transitoria che consente che le modifiche statutarie per l’introduzione dei due istituti siano approvate a maggioranza semplice dell’assemblea anziché a maggioranza rafforzata.
I due nuovi istituti, presenti solo in alcuni ordinamenti e utilizzati da una minoranza di emittenti, scardinano il principio del one share – one vote, ossia un sistema di voto proporzionale al capitale investito, destando così la preoccupazione degli investitori istituzionali poiché tali innovazioni legislative riducono i diritti della generalità degli azionisti e le tutele delle minoranze nel nostro sistema.
In particolare il riconoscimento del voto maggiorato a singoli soggetti, sulla base di un possesso continuativo di almeno due anni, può infatti comportare un sensibile effetto distorsivo in quanto riduce il peso nelle delibere assembleari di tutti gli azionisti le cui azioni restano a voto singolo, ragionevolmente proprio gli investitori istituzionali.
Infatti, per poter ottenere il voto addizionale, gli azionisti dovranno richiedere l’iscrizione in un elenco speciale appositamente costituito, ciò che rende di fatto inutilizzabile tale istituto per gli investitori istituzionali. Tali investitori non utilizzeranno la maggiorazione di voto sia perché tecnicamente incompatibile con le loro procedure di investimento sia perché non hanno interesse o sono preclusi ad assumere il controllo delle società nelle quali investono. Vale notare che a causa della complicazione procedurale della registrazione delle azioni, degli obblighi di segnalazione di vigilanza delle partecipazioni qualificate e della verifica dei limiti al controllo degli emittenti, non si ha notizia di alcun azionista istituzionale che abbia utilizzato il voto maggiorato nelle poche giurisdizioni che lo prevedono.
La presenza di meccanismi di rafforzamento del controllo negli statuti delle società è solo uno dei fattori di governance che vengono valutati nell’ambito del processo di investimento e di per sé non rappresenta motivo di disinvestimento. Tuttavia questi istituti - e in particolare quelli di deroga dal principio di one share-one vote - sono generalmente osteggiati dagli investitori istituzionali e dai proxy advisor, soprattutto se il rafforzamento del controllo viene introdotto in società già quotate senza l’approvazione dell’assemblea con quorum rafforzati e senza il riconoscimento del diritto di recesso per i dissenzienti.
Gli investitori istituzionali manifestano inoltre una forte contrarietà anche rispetto alla norma transitoria che consente l’adozione del voto maggiorato, senza nemmeno l’attribuzione del diritto di recesso ai dissenzienti, con la maggioranza dell’assemblea invece che con il quorum deliberativo dei due terzi del capitale rappresentato in assemblea, come è generalmente stabilito per le modifiche statutarie dal codice civile.
La disposizione in discorso diluisce i diritti e le tutele degli azionisti di minoranza sanciti dal codice civile: i diritti di voto, che costituiscono una parte non secondaria del valore dei titoli, potranno essere modificati su proposta degli azionisti di maggioranza senza che le regole poste a tutela degli altri azionisti dal codice civile - ovvero i quorum rafforzati per le modifiche statutarie successive alla quotazione e l’attribuzione del diritto di recesso a coloro che votino contro dette modifiche - vengano rispettate.
Per la generalità degli investitori istituzionali e dei proxy advisor le aree di maggior preoccupazione possono essere così sintetizzate:
- il voto maggiorato priva gli azionisti istituzionali di minoranza del loro diritto di votare con lo stesso peso degli azionisti di controllo, con la conseguenza che gli investitori istituzionali, in genere investitori paneuropei e transfrontalieri, vedranno una sproporzione tra il capitale economico investito e i diritti di voto loro riconosciuti;
- la presenza del voto maggiorato potrebbe disincentivare la volontà degli emittenti di “impegnarsi” con i soci di minoranza i cui diritti di voto sono stati diluiti; ciò potrebbe comportare un sostanziale allontanamento degli azionisti di minoranza dal dialogo sulla governance con gli emittenti.
- l’introduzione del voto maggiorato non è in linea con l’obiettivo che le istituzioni europee stanno perseguendo con la proposta di revisione della direttiva sui diritti degli azionisti, ovvero il rafforzamento delle economie europee, migliorando la loro capacità di attrarre investitori. Un punto fondamentale dell’iniziativa europea è costituito dalle misure volte ad aumentare il dialogo e l’engagement tra gli emittenti e i loro investitori. A questo fine, uno strumento importante per promuovere l'impegno degli azionisti a lungo termine è il miglioramento dell'esecuzione transfrontaliera dei diritti di voto e il riconoscimento di uguali diritti di voto a tutti gli azionisti per far si che questi abbiano una uguale voice nell’ambito dell’engagement.