Decreto milleproroghe: ultima soluzione all'handicap fiscale dei fondi?

Pubblicato il 1/4/2008

Milleproroghe: per un ironico gioco di parole, la speranza che la disparità fiscale dei fondi comuni venga eliminata è affidata in queste ore ad un decreto che, con il suo nome, ben rappresenta il cammino di una riforma che attende da ormai sette anni.

I fondi comuni italiani, dall'agosto del 2001, sono infatti soggetti ad un regime di tassazione che sottopone a prelievo fiscale i redditi conseguiti al momento della loro maturazione e non a quello dell'effettivo realizzo, come accade invece per i fondi armonizzati comunitari. In altre parole, mentre all'estero è lo stesso investitore ad essere tassato al momento dell'uscita dal fondo, in Italia l'imposta è calcolata giornalmente sul valore della quota, a prescindere dal suo andamento.

La soluzione a questa irragionevole asimmetria di trattamento - che comporta tra l'altro l'impossibilità di confrontare i rendimenti tra prodotti italiani ed esteri (rispettivamente sotto e sovrastimati in fase di mercato positiva) e la sottrazione di liquidità potenzialmente reinvestibile da parte del gestore - attende da tempo di essere individuata, sebbene la sua urgenza sia stata riconosciuta e sottolineata dai Governatori di Bankitalia e dai ministri dell'Economia che si sono succeduti nel corso degli ultimi anni. 

Assogestioni, in rappresentanza dei gestori italiani, ha sollevato più volte il tema in ambito istituzionale, partecipando anche ai lavori della Commissione Guerra, appositamente convocata dal viceministro Visco per studiare il problema e le sue possibili soluzioni. Eppure, nulla di fatto: il nodo non è stato sciolto dal Governo Prodi né con il Ddl delega né con la Finanziaria 2008 e oggi l'ultima speranza sembra essere rappresentata da un emendamento bipartisan al decreto milleproroghe, in aula alla Camera in questi giorni.

Come ha osservato con preoccupazione Romano Prodi in occasione del Bicentenario di Borsa Italiana, "è assolutamente necessario potenziare l'industria del risparmio gestito", che da diversi mesi "invece di crescere, regredisce".

Perché dunque non iniziare con un provvedimento giusto e fortemente voluto dai risparmiatori, prima che dai gestori? Forse è il momento di mettere da parte la bilancia della politica e di adoperarsi davvero per la difesa del risparmio delle famiglie italiane.

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