Risparmio gestito: modifiche strutturali e prospettive per gli investitori
Abbiamo chiesto a Marco Carreri, AD eDirettore Generale di Prima SGR, un commento sull'andamento positivo dei dati di raccolta del'industria dei fondi e la prospettiva dell'aziendo sui cambiamenti strutturali in atto nel settore e le opportunità che si aprono per gli investiori.
D: “Fuoco di paglia” o effettivo punto di svolta? E’ questo l’interrogativo più diffuso tra gli osservatori dell’andamento del settore nell’ultimo semestre. Quali elementi a supporto del cambiamento in atto?
R: La ripresa di interesse registrata dall’industria del risparmio gestito a partire dalla seconda metà del 2009 rappresenta certamente di più di un semplice fuoco di paglia, sebbene sia ancora presto per parlare di un’inversione di tendenza duratura. Da un lato, infatti, ci sono alcuni fattori strutturali positivi, quali il progressivo “livellamento del campo di gioco”, che consente ai fondi comuni d’investimento di confrontarsi, sotto il profilo regolamentare, con prodotti finanziari concorrenti su livelli di trasparenza finalmente omogenei[1], così come un miglioramento complessivo dell’offerta, certamente più orientata che in passato a rispondere ai bisogni del cliente. Dall’altro ci sono, però, aspetti di carattere temporaneo che, solo se ben accompagnati, possono produrre effetti positivi durevoli per il mondo del risparmio gestito. Mi riferisco in particolare all’enorme massa di liquidità parcheggiata da molto tempo su depositi amministrati e conti correnti a tassi prossimi allo zero e, quindi, disponibile, soprattutto in un contesto economico-finanziario in via di miglioramento, a cercare rendimenti più interessanti attraverso quella che rappresenta la caratteristica tipica di un fondo comune di investimento: una sana e prudente diversificazione di portafoglio.
D: Il settore è maturato insieme alle regole che lo governano? Oltre all’annosa e ben nota questione fiscale, quali interventi regolamentari potrebbero agevolare lo sviluppo dell’industria del risparmio gestito?
R: Il settore è certamente più maturo e preparato di qualche anno fa. Ciò è vero per tutti gli attori in gioco. Mi riferisco a chi gestisce il denaro dei risparmiatori, alle reti di vendita, ai clienti finali. Con riferimento alle regole, è indubbio che la nostra industria soffre di un appesantimento normativo e burocratico, spesso superiore a quello di altri Paesi europei. Tale tema, già oggi rilevante, diventerà addirittura nevralgico da qui a poco più di un anno, data in cui entrerà in vigore la nuova direttiva comunitaria UCITS IV. L’avvento di tale normativa avrà, infatti, significative ripercussioni sull’industria, fra cui la possibilità di scegliere dove centralizzare l’operatività delle società di gestione indipendentemente dalla sede dove viene istituito il fondo, a tutto beneficio di quelle piazze europee che avranno meglio interpretato questa normativa.
D:Il modello di Prima Sgr rappresenta indubbiamente una novità per il settore. Come è cambiata la tipologia di operatori nell’ultimo decennio?
R: Noi siamo la prima società di gestione indipendente che nasce dalla cessione, da parte di un grande operatore bancario, delle attività di asset management. La nostra evoluzione si inserisce all’interno di un processo di riposizionamento strategico che sta interessando l’industria italiana del risparmio gestito, che dopo molti anni di “captivity”, ossia di una forte dipendenza dalle politiche del settore bancario, sta provando a cambiare pelle. Questo fenomeno sta facendo affermare una pluralità di modelli di business che vanno dal grande player generalista e globale, al modello integrato produzione-distribuzione di soggetti che agiscono attraverso reti proprie di promotori, alla boutique indipendente fortemente specializzata nella gestione di alcuni mercati e asset class, modello, quest’ultimo, cui si ispira la nostra società.
D: Quali sono secondo voi le nuove esigenze della clientela e quali gli strumenti più idonei per farvi fronte?
R: Le due crisi finanziarie vissute nell'ultimo decennio hanno fortemente impattato sugli atteggiamenti e sulle scelte degli investitori. Protezione del capitale e ricerca di rendimento assoluto mi sembrano nel contesto attuale le istanze più forti provenienti dagli investitori.Fortunatamente l'assetto normativo consente oggi agli asset manager di utilizzare metodologie in grado di ridurre significativamente la direzionalità dei portafogli gestiti e di ingegnerizzare prodotti - come ad esempio i fondi " a formula" - che consentono di partecipare nel tempo all'apprezzamento delle borse senza mettere a rischio il capitale investito - adatti a rispondere a questa forte domanda di sicurezza che arriva dal mercato".
D: Dopo un 2009 all’insegna della prudenza, quali scelte d’investimento dovrebbero privilegiare i risparmiatori in una prospettiva 2010?
R: Indipendentemente dal fatto che nella parte finale dell’anno i tassi di interesse possano ricominciare a crescere, anche nel 2010 i risparmiatori dovranno fare i conti con prospettive di rendimento sul mercato monetario particolarmente modeste. Si riproporrà pertanto la necessità di allocare in modo più efficiente quella quota di investimenti a breve termine che i risparmiatori tendono ad accumulare in eccesso rispetto alle loro esigenze effettive, riorientandola almeno in parte verso investimenti potenzialmente più redditizi. Questo significa necessariamente aumentare, in una logica di maggior diversificazione, il grado di rischio dei portafogli ed allungare l’orizzonte temporale entro cui collocare le scelte di investimento. Naturalmente non mi nascondo le difficoltà di questo passaggio, culturale forse prima ancora che finanziario, ma qui entra in gioco il tema dell’educazione finanziaria e, soprattutto, il ruolo delicatissimo svolto da chi deve accompagnare e assistere il cliente nei suoi processi decisionali.
D: Ritiene che una maggiore educazione finanziaria da parte degli investitori rappresenterebbe un vantaggio per i vari attori del mondo finanziario?
R: Certamente sì. La recente pesante crisi finanziaria ha rimarcato, una volta di più, l’importanza che riveste, nella nostra società, l’educazione finanziaria e i suoi principi cardine (quali ad es. la diversificazione di portafoglio e la gestione del rischio) per una molteplicità di motivi. In primo luogo, come è facilmente intuibile, un investitore competente e preparato può “disciplinare” meglio i propri comportamenti in termini di scelte d’investimento, rendendoli non solo più coerenti e funzionali al raggiungimento dei propri obiettivi di vita, ma anche meno influenzabili dagli shock a cui sono normalmente soggetti i mercati finanziari con cadenza ciclica. Riuscire ad evitare il cosiddetto “market timing” è, in tal senso, il primo passo nella direzione di un approccio all’investimento in cui la razionalità subentra, a buon diritto, all’emotività, da sempre considerata pessima consigliera nelle scelte dei risparmiatori. Ma esiste anche un altro aspetto dell’educazione finanziaria, meno evidente, ma non per questo meno importante: non dimentichiamo, infatti, che un investitore consapevole è anche un investitore più esigente, e questo significa, per l’industria finanziaria nel suo complesso, uno stimolo continuo nella ricerca dell’innovazione per fornire prodotti e servizi che meglio soddisfino i bisogni dei risparmiatori. Quindi investitori più “preparati” rappresentano un importante motore di cambiamento dell’industria finanziaria, con evidenti ricadute favorevoli per l’intero sistema.
[1]vedi ad es. la Comunicazione CONSOB n. 9019104 su "Il dovere dell’intermediario di comportarsi con correttezza e trasparenza in sede di distribuzione di prodotti finanziari illiquidi"