Fondi comuni, un’alternativa di lungo periodo

Pubblicato il 10/6/2013

 

In Italia il ruolo degli investitori istituzionali è ancora troppo limitato. Dati alla mano, gli investimenti indiretti effettuati per il tramite degli investitori istituzionali (fondi pensione, imprese di assicurazioni e fondi comuni) rappresentano complessivamente il 25% del portafoglio delle famiglie. Una percentuale nettamente inferiore al 40%-50% registrato, invece, in Francia, Germania, Regno Unito e USA. A rivelarlo il Factbook 2012 di Assogestioni, da oggi disponibile presso la sede di Milano.

Secondo quanto pubblicato nella "Guida italiana al risparmio gestito", nel corso degli ultimi quindici anni la partecipazione delle famiglie italiane a prodotti di investimento di lungo termine a carattere previdenziale o assicurativo è cresciuta molto lentamente, e il relativo peso sul portafoglio finanziario non ha mai raggiunto livelli paragonabili a quello di altri Paesi sviluppati.

Se a questa evidenza statistica si aggiunge la difficile situazione del sistema previdenziale pubblico italiano, che negli ultimi quindici anni ha vissuto importanti variazioni determinando, nel medio e lungo termine, una considerevole riduzione del tasso di sostituzione (rapporto tra ultimo stipendio e prima pensione) per i lavoratori appartenenti alle coorti meno anziane, è evidente che lo scarso sviluppo degli strumenti di previdenza complementare, e più in generale degli investitori istituzionali, rappresenti un elemento di seria preoccupazione e una reale minaccia al futuro benessere dei lavoratori di oggi.

In questo contesto i fondi comuni, rispetto ai prodotti deputati a raccogliere il risparmio previdenziale, si sono caratterizzati per una dinamica differente. Come sottolineato all'interno del Factbook 2012, la quota della ricchezza finanziaria investita in fondi comuni è cresciuta rapidamente fino a raggiungere livelli particolarmente elevati nel 1999 (massimo storico del 18%). In seguito è andata calando progressivamente, fino a raggiungere nel 2012 il 7% circa.

 

Da un confronto internazionale emerge che questa lunga parabola costituisce una peculiarità del mercato italiano, che non trova riscontro in altri Paesi. Una parabola che, soprattutto, evidenzia chiaramente il ruolo di supplenza, per certi aspetti anomalo, svolto dai fondi comuni nel nostro mercato finanziario: "in un contesto di persistente debolezza dei tradizionali investitori istituzionali di lungo termine (fondi pensione e compagnie di assicurazione), i fondi comuni hanno infatti rappresentato, per molto tempo, la sola possibile alternativa di mercato all'intermediazione del risparmio svolta dal sistema bancario" si legge nel Factbook 2012.

Ora che, per effetto della contrazione degli ultimi anni, questo ruolo dei fondi comuni si è ridimensionato ed è tornato a quello che si potrebbe considerare un livello relativamente fisiologico, la fondamentale questione dello sviluppo degli investitori istituzionali si è fatta particolarmente urgente. Per questo all'interno della pubblicazione, disponibile in versione cartacea presso la sede di Milano e in versione digitale nella sezione Pubblicazioni del sito, gli esperti di Assogestioni ritengono urgente una politica economica che riconosca un trattamento privilegiato al risparmio previdenziale e più in generale alle forme d'investimento di lungo termine, in virtù del loro evidente valore sociale, da attuarsi anche attraverso adeguati strumenti normativi che ne favoriscano lo sviluppo.

E riguardo a questo tema, gli interventi suggeriti e considerati prioritari sono due: il primo consiste nel rafforzamento e nella razionalizzazione del quadro disciplinare della previdenza complementare, che oggi risulta ancora troppo articolato e rappresenta un freno alla competizione, ponendo a volte seri ostacoli all'efficienza operativa delle forme previdenziali; il secondo intervento consiste nell'istituzione di uno specifico regime fiscale di favore per l'investimento del risparmio a lungo termine, sia che questo abbia natura prettamente previdenziale (accumulo per la vecchiaia) sia che venga realizzato con altre finalità non meno meritevoli (ad esempio a copertura delle spese per l'educazione dei figli).

A differenza della previdenza pubblica e di quella complementare non si tratterebbe di una forma di risparmio forzoso ma, piuttosto, di un risparmio volontario agevolato. Una soluzione che andrebbe a completare la gamma di strumenti a disposizione delle famiglie per investire sul lungo periodo, offrendo nuove e interessanti prospettive di rendimento per i propri risparmi. Una soluzione che anche la Commissione Europea, nel corso del 2012, ha preso in considerazione pubblicando un documento di consultazione nel quale ha sottoposto alla valutazione del mercato l'opportunità di rivedere alcuni aspetti della disciplina UCITS. E tra le proposte delineate dalla Commissione c'è proprio quella di introdurre una disciplina armonizzata dei fondi d'investimento a lungo termine rivolti agli investitori al dettaglio.

 

Ulteriori dettagli sul tema ricchezza delle famiglie italiane e investimenti di lungo periodo sono disponibili nel Factbook 2012 di Assogestioni contenente, inoltre, numerose analisi intorno all'evoluzione normativa, nazionale ed europea, alla tassazione, alla corporate governance, ai fondi immobiliari e ai fondi pensione.

Leggi Anche