Fondi alternativi, tutte le misure allo studio per i prodotti del futuro

Pubblicato il 16/12/2020

La stabilità finanziaria dei mercati europei; la protezione degli investitori; la crescita e la competitività dell’industria dei fondi alternativi. Sono i tre pilastri attorno a cui ruotano le due consultazioni della Commissione europea lanciate lo scorso ottobre in merito ad altrettante revisioni: quella sulla direttiva sui gestori di fondi d’investimento alternativi (Aifmd) e quella sul regolamento Eltif, che disciplina i fondi d’investimento europei a lungo termine.

È in particolare sul tema della competitività che si concentra la tavola rotonda moderata da Roberta D’Apice, direttore del settore legale di Assogestioni, in occasione della 1° giornata degli Alternative Investment Funds Days che ha stimolato il dibattito tra i regolatori italiani ed europei al fine di individuare gli elementi del quadro normativo che andrebbero modificati per migliorare la capacità concorrenziale dell’industria degli investimenti alternativi e per stimolare la crescita degli Eltif i fondi europei di investimento a lungo termine.

In apertura di intervento, D’Apice ripercorre i capisaldi della direttiva Aifmd e del regolamento Eltif. La prima, “adottata all’indomani della crisi finanziaria del 2008, ha svolto un ruolo di rilievo nella creazione di un mercato interno per i fondi di investimento alternativi e nel rafforzamento del quadro normativo e di vigilanza dei gestori di fondi alternativi”, afferma.

Successivamente, il legislatore europeo ha avvertito l’esigenza di un mercato unico comunitario anche per i fondi d’investimento alternativi destinati agli investitori retail. “In tale filone si inseriscono gli Eltif, il cui scopo principale è quello di offrire un contributo alla crescita, all’innovazione e alla stabilità del mercato unico europeo”, spiega D’Apice.

Migliorare la competitività
Sono molteplici i fattori che possono rendere l’industria degli investimenti alternativi europei più efficiente rispetto ad altri intermediari e più attraente rispetto ad altre forme di investimento del risparmio, come i prodotti di investimento assicurativi e i fondi pensione.

Tra i fattori per rendere l’industria più efficiente, D’Apice indica la necessità di una “riduzione degli oneri dal sapore essenzialmente «burocratico», in quanto non strettamente funzionali a una effettiva tutela dell’investitore: penso, ad esempio, alla semplificazione delle procedure di commercializzazione e alla razionalizzazione delle informazioni da fornire agli investitori”. Occorrerebbe poi “definire un quadro normativo flessibile che consenta ai gestori di raggiungere economie di scala”.

Al fine di consentire l’identificazione immediata anche dal punto di vista normativo dell’industria dei fondi alternativi, sarebbe opportuno, aggiunge D’Apice, “sistematizzare la disciplina europea di riferimento sulla gestione collettiva del risparmio anche mediante l’istituzione di una disciplina unica europea (o Single rulebook, ndr)”.

Al contempo, per rendere più attraenti i fondi d’investimento alternativi, la dirigente di Assogestioni suggerisce di “assicurare un maggior livellamento delle regole del gioco con altri prodotti”, in particolare i prodotti di investimento assicurativi.

Secondo l’esperta si dovrebbe poi “allargare l’accesso ai Fia riservati da parte degli investitori semi-professionali”. Misura, questa, attualmente allo studio del Mef, che la dirigente auspica venga adottata anche a livello europeo. Inoltre, sottolinea D’Apice, “si dovrebbero individuare misure finalizzate a garantire una maggiore flessibilità nella definizione delle modalità di rimborso anticipato delle quote dei Fia chiusi”.

Come? Una possibilità potrebbe essere quella di lasciare l’iniziativa al gestore, “così da soddisfare le esigenze di liquidità di determinati investitori senza generare tensioni di liquidità del fondo”, propone D’Apice, auspicando così l’introduzione di una sorta di Fia «ibridi».

In chiusura, la dirigente di Assogestioni riflette sulla necessità di “promuovere da un lato il ruolo della consulenza al fine di orientare meglio il cliente nelle proprie scelte di investimento e, dall’altro, il ruolo dell’educazione finanziaria per renderlo in grado di comprendere autonomamente le scelte che gli vengono proposte dal consulente e di verificarne la coerenza con le proprie esigenze”.

Osservazioni in linea con la strada tracciata dalla Commissione Europea nel nuovo piano d’azione sulla Capital Market Union.

Il dibattito: regolatori tra armonizzazione delle direttive, fondi «ibridi» e nuova categoria di investitori
Successivamente la parola è passata ai regolatori. Secondo Aldo Stanziale, Capo della Divisione Regolamentazione 2, Servizio Regolamentazione e analisi macroprudenziale Banca d’Italia, “la creazione di un single rulebook, inteso come quadro di norme unitarie direttamente applicabili in tutti i paesi dell’Unione europea, può certamente contribuire a rafforzare la competitività dell’industria del risparmio gestito, orientata all’operatività cross-border”.

Anche Antonio Barattelli, team leader for investment management dell’Esma, condivide questo obiettivo di lungo periodo, aggiungendo che “in questa fase occorrerebbe cercare di creare un allineamento tra Aifmd e Ucits laddove necessario. L’Esma ha menzionato specificamente alcune aree come quella della gestione dei rischi, la gestione della liquidità, la delega in cui ancora le due direttive non sono armonizzate e probabilmente ci sono buone ragioni per farlo”.

Sul tema dell’introduzione di una definizione di investitore semi-professionale Andrea Turi, Responsabile dell’ufficio vigilanza Sgr e Oicr della Consob, ritiene che “dal punto di vista dell’efficiente allocazione delle risorse è da auspicare che l’eventuale introduzione della categoria degli investitori semi-professionali sia attuata in modo coordinato tra MiFID e direttiva Alternative, valorizzando il ruolo che gli intermediari rivestono nell’assunzione delle scelte di investimento in base al diverso servizio prestato. In questa prospettiva potrà quindi considerarsi l’opportunità di intervenire sulla disciplina del prodotto”.

Un’industria competitiva è tale anche perché consente di assicurare una stabilità finanziaria e degli investitori. Proprio in questa prospettiva, sottolinea Barattelli, lo scorso 12 novembre l’Esma ha pubblicato un report nel quale individua, tra le aree prioritarie per affrontare il rischio di liquidità dei fondi: “1) la Vigilanza continua dell’allineamento della strategia di investimento dei fondi, del profilo di liquidità e della politica di rimborso; 2) la Vigilanza continua della valutazione del rischio di liquidità; 3) l’incremento della disponibilità e dell’uso di strumenti di gestione della liquidità; 4) la supervisione dei processi di valutazione in un contesto di incertezza valutativa.

Barattelli conclude il suo intervento suggerendo alla Commissione europea di “cogliere l’opportunità della revisione della Aifmd per includere la disponibilità di tutti gli strumenti di gestione della liquidità previsti nella raccomandazione dell’Esrb”, il Comitato europeo per il rischio sistemico.

Fondi ibridi all’orizzonte?
Alla domanda di Roberta D’Apice sulla possibilità, in prospettiva, di istituire fondi chiusi di tipo ‘ibrido’, che assicurino maggiori margini di flessibilità nella definizione delle politiche di rimborso, Stanziale afferma che il tema “è interessante, ma richiede di trovare un punto di equilibrio tra l’esigenza degli investitori di poter investire in prodotti meno liquidi, l’equo trattamento degli stessi investitori e il presidio dei rischi idiosincratici e di stabilità finanziaria”.

Al tal fine, conclude il regolatore, “occorrerebbe probabilmente agire in più direzioni per strutturare un prodotto di questo tipo: (i) introdurre strumenti di gestione della liquidità e condizioni dei rimborsi adeguati, che non costringano cioè il fondo a vendere i beni per far fronte a richieste di rimborso; (ii) prevedere una informativa esaustiva nei confronti degli investitori; (iii) individuare i beni in cui questi fondi possono investire”.

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