Mifid 2, il modello italiano non è in discussione

Pubblicato il 16/11/2012

Una nuova consulenza non più limitata alla sola asset allocation ma in grado di guidare il cliente nella gestione quotidiana dell'intero bilancio familiare: è questa la richiesta di un italiano su due. Secondo un'indagine condotta da GfK Eurisko, e presentata nel corso del III Forum Internazionale della Consulenza ed Educazione Finanziaria svoltosi a Milano giovedì 15 novembre, la crisi ha modificato le esigenze delle famiglie che oggi chiedono, a banche e intermediari, un servizio di consulenza completo (54% degli intervistati), di alta qualità (30%) e fornito da un interlocutore adeguato e preparato (47%): il tutto, naturalmente, dovrebbe tradursi in consigli convenienti per l'investitore. Proprio su questo punto si è sviluppato il dibattito della tavola rotonda che, tra gli altri, ha visto la partecipazione di Marco Tofanelli (segretario generale Assoreti), Maurizio Bufi (presidente Anasf) e Fabio Galli (direttore generale Assogestioni).

Pur guardando la questione consulenza da punti di vista differenti, tutte e tre le associazioni sono d'accordo su un punto: la MiFID 2 non rivoluzionerà il mercato italiano. "La qualità del servizio di consulenza non è determinata dal modello di retrocessione previsto dal soggetto che lo eroga" ha subito chiarito Tofanelli. "L'evoluzione verso modelli di qualità non passa dal tema retrocessione ma dalla formazione, è questa la vera rivoluzione. E' su questo punto che si deve lavorare. Molti credono che la MiFID 2 porterà grandi cambiamenti, in realtà non vedo una grande rivoluzione in Italia con la nuova direttiva", che secondo il segretario generale di Assoreti ha un compito importante: deve garantire una nuova iniezione di fiducia nel mercato.

Gli fa eco il presidente Anasf che, come Tofanelli, ritiene fondamentale "salvaguardare i modelli di servizio oggi diffusi nei vari paesi europei, e in particolare in Italia. Sarà il mercato a stabilirne il successo o l'insuccesso, e l'elemento discriminante sarà la qualità", non il modello remunerativo. "Quello che dobbiamo fare come associazione è rendere l'operatore qualificato (in questo caso i promotori finanziari, ndr) sempre più riconoscibile" ha chiarito ulteriormente Bufi, che proprio per questo si augura che l'Unione Europea tenga conto delle realtà che più di altre sono in grado di offrire un servizio di consulenza di qualità.

E finora l'auspicio di Bufi sembra trovare riscontro nei fatti. Come ha subito ricordato il direttore generale di Assogestioni, ad oggi, la "Mifid Review è una direttiva che riproduce, a livello europeo, l'assetto italiano, con poche distinzioni". "Considerando le decisioni prese finora a livello europeo il modello italiano non è in discussione: siamo pienamente in linea con quella direttiva" ha chiarito Galli, che ha ricordato alla platea quelli che sono i due grandi punti di forza dell'industria del risparmio gestito italiano.

Il primo è frutto della crisi che "ha ucciso anche nella cultura generale l'idea che il fai da te possa essere una soluzione" ha sottolineato il direttore generale di Assogestioni: "oggi seguire la strada del fai da te è impossibile e pericoloso sia dal lato della gestione sia dal lato della consulenza".

Il secondo, e forse più importante, punto di forza dell'Italia oggi è la trasparenza. "L'industria del risparmio gestito ha seguito un percorso di crescita fondato sull'idea di trasparenza verso il cliente finale" ha affermato Galli. "Da diversi anni nel nostro paese sosteniamo che il cliente deve essere consapevole dei costi che sostiene e oggi i prospetti informativi in Italia soddisfano questa esigenza e rendono gli investitori consapevoli delle commissioni dei prodotti che sottoscrivono. Il nostro è un regime di trasparenza solido, un sistema in linea con la MiFID 2". Per questo, conclude Galli, non siamo in attesa di un treno che ci travolgerà ma di una direttiva che conferma l'efficacia del modello italiano. 

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