Fondi italiani: 7,2 milioni i sottoscrittori a fine 2018. Donne sempre più protagoniste

Pubblicato il 6/6/2019

Sono 7,2 milioni i sottoscrittori di fondi comuni di diritto italiano a fine 2018, con un tasso di incidenza del numero degli investitori sul totale della popolazione pari al 12%. La distribuzione del patrimonio mostra un’elevata concentrazione: il primo 10% di individui per importo investito detiene la metà del patrimonio complessivo e la metà dei sottoscrittori investe oltre 13mila euro.

È quanto emerge dall’aggiornamento 2018 dell’indagine “I sottoscrittori di fondi comuni italiani”, firmata da Alessandro Rota e Riccardo Morassut.

La ricerca analizza le informazioni sugli investitori individuali in fondi italiani a fine 2018 e approfondisce aspetti come il tasso di partecipazione, le caratteristiche anagrafiche, la distribuzione geografica, le scelte allocative e le modalità di investimento.

Si restringe il divario uomo-donna

Struttura e dinamica della domanda permettono di tracciare un profilo dei sottoscrittori e identificano un trend di riequilibrio tra i generi. “Nel 2018 le donne rappresentano il 47% dei sottoscrittori. In 16 anni il gap tra il peso della ripartizione dei sottoscrittori uomini e donne è calato dal 16,4% del 2002 al 5,8% a fine 2018. Si assiste dunque a un lento ma costante calo della proporzione degli uomini a favore delle donne, che stanno diventando sempre più parte attiva nella gestione finanziaria” osserva Alessandro Rota, direttore dell’ufficio studi di Assogestioni.

Inoltre, secondo quanto riportato nel Quaderno, sale leggermente l’età media dei sottoscrittori, che a fine 2018 è pari a 60 anni a causa dell’aumento della quota degli investitori più anziani (oltre i 75 anni), salita al 19%. Contestualmente, la quota dei sottoscrittori di età compresa tra i 26 e i 35 anni è scesa dal 15% al 6%.

Lo studio analizza anche la distribuzione per area geografica di residenza. Il 65% circa degli investitori risiede al nord, il 18% nel centro e il restante 17% nel sud e nelle isole. I livelli di partecipazione regionale più alti si registrano in Emilia-Romagna (19,6%), Lombardia (17,7%) e Piemonte (17,1%); valori che calano gradualmente andando verso Sud.

Flessibili in crescita

L’analisi dei dati relativi alle tipologie di fondi più presenti nei portafogli dei sottoscrittori indica che i fondi flessibili hanno registrato la dinamica di crescita più pronunciata e oggi rappresentano la scelta principale del 37% dei sottoscrittori.

“Nell’attuale contesto di politiche monetarie ancora sostanzialmente accomodanti e di rendimenti obbligazionari a breve termine vicini a zero, i fondi obbligazionari – da sempre molto presenti nelle scelte degli investitori italiani con punte superiori al 40% dei sottoscrittori – hanno evidenziato un calo di 14 punti negli ultimi quattro anni, attestandosi al 25% nel 2018”, sottolinea Rota.

I comparti bilanciati pesano invece per il 13%, in aumento dall’11% del 2017 e dal 5,6% del 2016. “L’incremento registrato negli ultimi due anni dai sottoscrittori che investono in fondi bilanciati è dovuto all’effetto Pir”, si legge nel report.

Nel corso del tempo l’incidenza dell’investimento nel comparto azionario e nei fondi di liquidità ha subito una progressiva erosione: a fine 2018, il 7% e l’1% dei sottoscrittori concentrava i propri investimenti su questi due segmenti.

Aumenta il peso dei Pac

La maggior parte dei sottoscrittori di fondi italiani investe attraverso il canale bancario (95% a fine 2018), mentre la rimanente proporzione si è affidata alle reti di consulenti finanziari.

La modalità di investimento preferita dal 67% degli investitori è il versamento unico (Pic), tuttavia nel corso degli anni il numero di sottoscrittori che ha fatto ricorso in via esclusiva ai piani di accumulo (Pac) è cresciuto e rappresenta a fine 2018 il 20%.

Il 2018 dei Pir

Alla fine del 2018 il numero di sottoscrittori di fondi aperti italiani Pir compliant supera le 880.000 unità (1 milione includendo i fondi esteri), in aumento rispetto al 2017 quando i sottoscrittori erano 690mila e 800mila rispettivamente.

Il patrimonio mediamente detenuto è pari a 12.164 euro, valore che si colloca appena sotto la metà dell’importo massimo che è possibile investire in Pir ogni anno, pari a 30mila euro.

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