Fondi comuni, tutto ebbe inizio nel 1947

Pubblicato il 18/12/2014

Il D-Day dei fondi comuni è il 1984 con il debutto dei primi strumenti italiani, ma la storia del rapporto tra Italia e fondi ha radici ben più lontane: risale al 1947 quando Tommaso Zerbi, economista e politico italiano, parlò dell’importanza del risparmio per il popolo. Un primo cenno che viene ricordato nel volume "Breve storia dei fondi comuni in Italia" (leggi l’anteprima) realizzato da Alessandro Rota, direttore Ufficio Studi di Assogestioni, e presentato in occasione dell'evento del 4 dicembre scorso “1984-2014 30 anni di fondi in Italia con Assogestioni”. Ma l’esperienza pionieristica che ha dato il via ad una storia, che Rota ripercorre rapidamente in questa intervista, risale al 1960.

Il volume presentato lo scorso 4 dicembre ripercorre la storia dei fondi comuni partendo dal lontano 1960. Perché andare così indietro nel tempo?
Non avrebbe avuto senso limitare il viaggio nel passato dei fondi comuni a tre decenni. È vero che dal 1984 in poi abbiamo assistito allo sviluppo dell'industria secondo le forme giuridiche e finanziarie che conosciamo oggi, ma molte e diverse sono state le esperienze pionieristiche dei vent'anni precedenti. Per questo abbiamo deciso di abbracciare nel nostro racconto tre diverse generazioni per andare in profondità e per rendere più evidente il lungo cammino che questo settore ha compiuto, non solo negli ultimi 30 anni.

E questo lungo cammino quando ha avuto inizio?
Il primo fondo comune aperto specializzato nell’investimento in titoli azionari e obbligazionari di emittenti italiani ha debuttato nel nostro paese nell’ottobre del 1960 quando il Banco Ambrosiano, la Hardy & Co. di Francoforte e la Hentsch & Cie di Ginevra istituirono Interitalia. Con quell’esperienza pionieristica iniziò la prima era dei fondi comuni che portò nel mese di marzo del 1983 all’approvazione della legge n. 77 che dava vita ai fondi comuni italiani. Ma il vero inizio risale al 1947. Già nei discorsi di Tommaso Zerbi, di fronte all’Assemblea Costituente, si inizia a parlare di strumenti economico-giuridici nuovi o di forme associative, in grado di valorizzare il risparmio popolare. Un discorso che ha posto le basi dell’articolo 47 della nostra Costituzione: “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”.

Non è semplice però sintetizzare cinque decenni di storia in cinque capitoli. Come vi siete mossi per ottenere un tale risultato?
Nel ripercorrere questi 50 anni abbiamo ricordato le tappe storiche ma senza la pretesa di fornire un racconto esaustivo della vita dei fondi. Abbiamo cercato di offrire ai lettori il quadro più completo possibile ricordando le tappe fondamentali dell'industria inserendole in quello che era il contesto storico-economico di allora. Penso, ad esempio, alla fine del miracolo economico nella prima parte degli anni ‘60, alla repressione valutaria degli anni '70, all'arrivo della moneta unica all'inizio del nuovo millennio e, ovviamente, alla crisi finanziaria post-Lehman Brothers. Non volevamo, però, fermarci al livello della cronistoria, per questo abbiamo, in ogni capitolo, ripercorso l'evoluzione del settore ricordandone anche i numeri, in particolare degli ultimi 30 anni. Le parti dedicate al periodo 1984-2014 sono tutte corredate da grafici che ripercorrono l'andamento della raccolta netta dei fondi italiani divisa per macro-categorie e confrontata con l'andamento del principale indice borsistico italiano. Senza dimenticare, ovviamente, l’elemento internazionale.

A cosa si riferisce?
L’obiettivo del volume è quello di offrire un quadro chiaro dello sviluppo dell'industria in Italia e del rapporto esistente tra italiani e fondi comuni. Per questo era importante accompagnare la cronistoria delle vicende italiane con un’analisi di quelle che sono state le evoluzioni normative a livello europeo: partendo dalla prima Ucits del 1985 fino alla direttiva AIFM, della quale è in corso il recepimento, arrivando alla recente proposta sui fondi europei a lungo termine (ELTIF). Abbiamo cercato di fornire una fotografia del mercato più completa possibile.

E il futuro?
Guardare al passato è il modo migliore per prepararsi alle sfide future che, nel volume, sono ben sintetizzate nelle conclusioni a firma del presidente di Assogestioni Giordano Lombardo. L’industria ha di fronte a sé un’occasione storica: le società di gestione hanno la possibilità di giocare un ruolo centrale nel processo di canalizzazione che, in maniera ordinata, trasparente e finanziariamente efficiente, dovrà portare masse crescenti di risparmio delle famiglie verso l’economia reale, specialmente verso le imprese di piccole e medie dimensioni. L’industria deve ora intercettare e convogliare il risparmio delle famiglie italiane a favore del Made in Italy e della ripresa.

Guarda l'intervento di Alessandro Rota durante la celebrazione "30 anni di fondi in Italia con Assogestioni".

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